Evento WaW – Women at Work
Università Cattolica (Milano) – «Le comunità mamma-bambino fondamentali per accogliere donne vittime di violenza» (25-11-2022)
Un convegno scientifico (qui il programma completo della giornata) per conoscere da vicino le comunità mamma-bambino, e il ruolo che esse svolgono nel sostenere le donne vittime di violenza. Il 25 novembre 2022 (dalle 9.30 alle 13), nelle Giornata internazionale contro la violenza di genere, l’Università Cattolica del Sacro Cuore organizza il convegno dal titolo “I percorsi di accoglienza nelle Comunità mamma-bambino per donne che affrontano la violenza. WaW è l’acronimo di “Women at Work”, progetto sostenuto dal programma Interreg Italia-Svizzera che ha mosso, da novembre 2020 ad oggi, azioni di responsabilizzazione e inclusione sul mondo del lavoro con l’obiettivo di raggiungere circa 100 donne fragili. Ad animare la partnership, 8 enti privati e pubblici (6 italiani e 2 svizzeri) tra cui appunto l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha curato un’attività di ricerca.
«In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è fondamentale parlare delle Comunità mamma-bambino, che sono da sempre attive nel promuovere percorsi di accoglienza dedicati alle donne che vivono tale piaga», spiega Paola Limongelli, collaboratrice del centro di ricerca Relational Social Work dell’ateneo milanese. «Il lavoro di accompagnamento degli operatori costituisce un’occasione di rinascita e crescita per tutte quelle donne e i loro figli che si trovano ad affrontare momenti delicati e difficili. Durante il convegno saranno presentati i risultati di una ricerca che ha cercato di mettere in luce il compito delicato svolto dalle comunità, volto a promuovere il benessere del minore e l’autonomia del genitore. Ne consegue che percorsi di accoglienza di queste strutture residenziali siano finalizzati a promuovere la tutela di bambini e ragazzi attraverso la promozione e l’accrescimento delle competenze delle donne affinché possano divenire risorsa sia per i propri figli sia per il proprio progetto di vita».
La ricerca è stata svolta grazie alla collaborazione con la Comunità mamma- bambino “La Bussola” (di Merate – Lecco) della cooperativa “Il Sentiero”, che ha messo a disposizione le cartelle sociali relative ad alcune mamme e bambini accolti nella struttura con lo scopo di ripercorre i processi di aiuto attivati negli anni. «Dalla convenzione di Istanbul in avanti le comunità mamma-bambino hanno sempre svolto un ruolo di primaria importanza nelle azioni di contrasto alla violenza sulla donna e di estinzione di questo fenomeno», spiega Luigi Campagner, presidente de “Il Sentiero”, cooperativa i cui centri sono da 10 anni parte delle reti territoriali anti-violenza, assieme ad altri istituzioni come Questura, ospedali, case rifugio, servizi sociali.
Prosegue Campagner: «Nelle comunità mamma-bambino sono accolte donne insieme ai loro figli, che intraprendono così insieme percorsi paralleli per adulto e minori. Offriamo anzitutto tutela e protezione, nonché segretezza: scopo del percorso è la consapevolezza che la donna può avere di sé. A chi non opera in questo settore può sembrare strano ciò, ma a volte interrompere contatti con ambienti – anche violenti – in cui si è vissuto per anni può non essere immediato, e può comportare diversi tentativi. Per questo occorre lavorare sulla consapevolezza della donna, che si ottiene con percorsi che possono durare anche un anno e oltre».
In questo tempo le operatrici delle comunità lavorano per la fioritura più piena della donna, volta al reinserimento sociale con azioni che riguardano tanto le necessità legali – a partire dalla denuncia del partner violento – quanto l’area psicologica. «Ciò si esercita tramite colloqui singoli e attività quotidiane, volte a contrastare il sentimento di indegnità che le donne possono avere sviluppato nel tempo, allo scopo anche di evitare ogni tipo di recidiva di ritorno a quel rapporto violento, o ad ambienti e situazioni non sicure, una volta uscite dalla comunità».
«L’intento di “WaW – Women at Work” è quello di includere giovani donne fragili», spiega Alcide Gazzoli, project manager del progetto attivato nell’ambito del programma Interreg Italia-Svizzera V-A, finanziato dalla Comunità Europea. «Ogni tentativo progettuale parte da un dato di realismo: si ha a che fare con il problema più profondo della società, quando essa cioè mostra il suo fallimento esistenziale e sociale. Se delle persone giovani non sono rispettate a partire dai loro affetti più cari o non hanno più voglia di vivere, che senso ha la nostra società? Umilmente e realisticamente riteniamo che sia necessario valorizzare il bene nella parte di società disagiata, in quanto le risorse stanno nello stesso tessuto di legami in cui nascono i problemi. È questa la sfida che abbiamo assunto».